Jovanotti: la mia vita a Bologna

jovanotti e bologna

SABATO IL CONCERTO AL DALL’ARA, PRIMO SOLD-OUT DEL TOUR
«Nel 92 venni a stare nella vostra città: era creativa come la Londra anni 60. Diventai grande e la città non mi fumava più, ma poi la passione si è riaccesa»

BOLOGNA – Il grande Circo Jovanotti sta per arrivare in città. Sabato sera (ore 21), in uno stadio Dall’Ara sold-out come non capita più da tempo per il calcio, Lorenzo Cherubini metterà in scena il suo caleidoscopico show fatto di suoni, colori, grande musica dance e delicate ballate d’amore, terza tappa del Backup tour 2013 con il quale questo gioioso clown di 46 anni festeggia le nozze d’argento con la musica.
Lo stadio sarà trasformato in una gigantesca discoteca all’aperto nei momenti più dance – da L’ombelico del mondo a Tanto, da Gimmefive a Piove, fino all’ultimo, scoppiettante bis Penso positivo – oppure si commuoverà quando Jova proporrà ballate come A te o Serenata rap. Durante le 32 canzoni in scaletta (l’ouverture bizzarra è la colonna sonora di Lo chiamavano Trinità, film-cult di Lorenzo), cambia sei volte l’abito da scena, colloquia con il suo popolo, balla e corre lungo il gigantesco palco a «tenaglia» e diventa interattivo con i videoclip visualizzati nei tre grandi display alle sue spalle.
Una notte a colori piena zeppa di hip hop e funky sfrenato che i fan ricorderanno a lungo. Un regalo che Lorenzo ha voluto fare a una città che è un punto fermo della sua esistenza: romano di nascita, milanese d’adozione, umbro di cittadinanza, l’ex talento lanciato da Claudio Cecchetto negli anni 80 ci racconta un rapporto intenso, passionale e anche un po’ complicato con Bologna.

Sabato sera lei registrerà il primo, vero sold-out di questo tour. Un atto d’amore?
«Sì, è incredibile. Dopo Ancona e Bari, non vedevo l’ora di arrivare in questa città che, anni fa, mi ha adottato facendomi comprendere l’humus della sua cultura musicale, del suo stare bene. Era l’inverno del 1992, stavo registrando l’album Lorenzo1992 e preparando un tour insieme a Luca Carboni. Venni a vivere qui a Bologna».

Un figlio della Milano da bere degli anni 80 proiettato nelle notti di Bologna. Come si è trovato?
«Mi pareva di essere in un sogno. Ogni sera, finite le registrazioni e le prove con Luca, ci fiondavamo nelle osterie e nei locali del centro. Un’atmosfera impagabile. C’era Lucio Dalla, il padrone di quelle notti, l’incredibile pifferaio magico di una cultura che non era soltanto musicale».

Cosa le piaceva di quella Bologna?
«Il desiderio di sperimentazione che prendeva chi faceva arte. Non c’erano limiti, era come la Londra degli anni 60».

Un ricordo di Dalla?
«Quando ascoltai per la prima volta l’album Viaggi organizzati e il singolo Washington, mi venne la pelle d’oca. Per la prima volta nella mia vita ebbi il piacere di ascoltare una batteria elettronica dentro un disco pop. Una sensazione impagabile».

Altri protagonisti di quella stagione?
«Ricordo Mauro Malavasi, uno dei più grandi produttori italiani. Poi la chitarra di Jimmy Villotti, uno che ha lavorato con Paolo Conte, non so se mi spiego. Poi Samuele Bersani che era un ragazzino… Stava succedendo qualcosa a Bologna, in quegli anni. Lo si respirava».

Il suo primo concerto da queste parti?
«A Bologna, in Piazza Azzarita, lo riempii nel 1993. Poi, però, qualcosa si ruppe».

Con la città?
«Sì. Seguirono tournée strane, durante le quali non riuscivo più a trascinare il pubblico bolognese come prima. In un paio di occasioni il palasport rimase mezzo vuoto e non capivo il perché. L’incantesimo con la città pareva essersi rotto. Mi venne in mente anche il discorso sull’anima leggermente snob della città ma non riuscivo a capire il perché di una tale freddezza».

Forse perché era cambiato Jovanotti, da ragazzo rap stava diventando un cantautore dei nostro tempi?
«Dopo il 1992 i miei testi mutarono in modo sostanziale, le canzoni easy come Gimmefive lasciarono il posto a brani nei quali spaziavo su vari temi come la violenza, la contraccezione, la politica, l’impegno sociale. Diventai grande. Ma Bologna non mi fumava più».

E poi?
«E poi, come in tutte le grandi storie d’amore, si è riaccesa la passione: con i tour Jova Live e Ora Live i bolognesi hanno riempito il palasport come mai prima. E, quest’anno, lo stadio di Bologna è stato il primo a registrare il tutto esaurito».

Che sogno ha nel cassetto Lorenzo Cherubini?
«La tv, forse il Festival di Sanremo con Fazio. E poi un disco di liscio, sai quella meravigliosa musica stile Casadei o Castellani Pasi? La adoro. Mi piacerebbe incidere un cd di mazurche, polke e valzer. Naturalmente in stile Jovanotti. Per ballare tutti insieme. Cosa c’è di più bello del ballo? Ehi, che bel gioco di parole!».

Di: Leonardo Iannacci – Fonte: corrieredibologna.corriere.it

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