Dal diario di un uomo silenzioso – 1990

Ricordo come fosse ora, avevo dieci anni e mi stavo lavando le ginocchio, mi bloccai di colpo guardando l’acqua che usciva dal rubinetto. Mi resi conto che non mi ero mai fatto domande su tante cose, sulle cose che mi stavano intorno, sulle cose che usavo, non mi ero mai fatto domande sullâ”acqua del rubinetto”, lâ”acqua del rubinetto” era una cosa scontata, ovvia, naturale che si trovava “naturalmente” attaccata ad un muro della casa, naturale come il frigo, la televisione, la radio, lo stereo, il “mangianastri”, la luce elettrica, il telefono, l’ascensore, come il tostapane, il frullatore, il computer, come il lettino di lampade che usava mio fratello per abbronzarsi, come i semafori o le auto parcheggiate nel mio cortile. Rimasi quasi stordito dell’intuire che tutte queste cose avevano un’origine, un corso, uno sviluppo, una storia, nell’intuire che qualcuno aveva vissuto senza niente di tutto questo, e ancora di più che qualcuno le aveva desiderate tanto da crearle. Ricordo che si aprì come una voragine nella mia mente, trovai che il passato, la storia, era un pozzo senza fondo, e che se mi fossi infilato dentro al rubinetto, per seguire e scoprire tutto il percorso dei tubi fino all’origine, non sarei più tornato indietro, non sarei più tornato nel presente, mi venne paura e mi concentrai per non pensare oltre. Ricordo che mi considerai fortunato di essere nato nel duemila, e pensavo che se i bambini del diecimila avessero avuto queste intuizioni, pensando al passato l’avrebbero trovato così grande e pesante che sarebbero morti schiacciati. Chiusi di colpo il rubinetto, concentrandomi sul presente, ma quei pensieri mi avevano scosso, e provavo una sensazione di vaghezza e di inconsistenza, per questo mi avvicinai a mio padre che stava come al solito tirando a lucido la sua Skoda rossa, e cercai rifugio nella solidità della sua figura, nella sicurezza che mi davano le sue mani grosse, nelle certezze che trovavo nei discorsi religiosamente comunisti, che faceva con il signore del primo piano. Per un attimo mi tranquillizzai.