La donna India – 1994

Sono a letto febbricitante e mi tornano alla mente immagini del film 1492: La conquista del paradiso . 
Su quelle spiagge immagino di essere una donna india che scappa terrorizzata perché uno spagnolo la insegue e la vuole violentare. Ma non ce la faccio mi prende, mi schiaccia e poi mi tiene come una schiava. 
Lo assecondo meditando di fuggire appena possibile e rifugiarmi nell’interno. Lo assecondo, non capisco la sua lingua, non ci capisco niente, ho la precisa sensazione che siamo animali, niente di più. Poi riesco a scappare, vago per la foresta, cerco una tribù nell’interno che è nemica della mia tribù, ma spero per me più amica dei mostri bianchi.
Giorni e notti e non sono sola, c’è un’altra vita dentro di me che maledico con tutte le mie forze. Non sono ancora arrivata alla tribù nemica-amica, mi nascondo in una grotta. Nasce e lo tengo caldo contro il mio petto, piange e anch’io ho bisogno di piangere.
Piangiamo e strilliamo, sento la maternità, sento la fragilità di questo cucciolo, l’immenso bisogno che ha di me, l’immenso bisogno che ho di lui. Siamo animali, due piccoli animali.
Sento la relatività di tutto. Penso a suo padre, all’odio che ho per lui e mi rendo conto che alcuni uomini della mia tribù si sarebbero comportati così conquistando un’altra tribù.
E questo cucciolo che strilla? E questa disperazione che sta quasi diventando gioia? No!
Insegnerò a questo bastardo a cambiare il mondo.