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GRUGLIASCO (TO)

Comune di Grugliasco

Dove

Regione

Piemonte

Provincia

Torino (TO)

Zona

Italia Nord Occidentale

Popolazione Residente

36.929 (M 18.042, F 18.887)
Densità per Kmq: 2.814,7
(dati Istat 2001)

Codici

CAP

10095

Prefisso Telefonico

011

Codice Istat

001120

Codice Catastale

E216

Varie

Numero Famiglie

14.196

Numero Abitazioni

14.509

Denominazione Abitanti

grugliaschesi

LE ORIGINI
Incerte sono ancor oggi le origini del toponimo "Grugliasco" (Gruglascum o anche Curliascum nel latino dei documenti più antichi), e dunque le origini dell'insediamento stesso. L'ipotesi più probabile è che esso derivi dal nome personale (Currelius o Correlius ) del colono romano cui, all'epoca della centuriazione dell'agro torinese, ossia della sua lottizzazione ed assegnazione ai veterani dell'esercito romano, venne forse assegnata parte di queste terre. Tale podere avrebbe preso il nome, come in tanti altri casi simili, dal suo proprietario: Fundus Curreliascus, con il suffisso "asco" dovuto all'influenza della lingua della popolazione locale, di stirpe ligure, preesistente alla colonizzazione romana.Da tale proprietà, dunque, si sarebbe sviluppato l'insediamento - un piccolo villaggio, oltre ai poderi - di Grugliasco. Altri invece sostengono che il toponimo faccia riferimento alle gru che forse un tempo sostavano qui durante le migrazioni stagionali. Sta di fatto, però, che la comunità di Grugliasco scelse come simbolo araldico per il proprio stemma, attestato per la prima volta nel 1613, proprio la gru.

IL RUOLO DEGLI ENTI ECCLESIASTICI
Le prime attestazioni documentarie certe riguardanti Grugliasco non sono comunque anteriori alla metà circa dell'XI secolo (1047), quando l'imperatore Enrico III conferma al Capitolo canonicale del Duomo di S.Giovanni di Torino i diritti sui beni posseduti dai canonici sin dalla fondazione del Capitolo, avvenuta due secoli prima: fra tali beni e diritti figurano anche la curtis di Grugliasco, con la chiesa di S.Cassiano e la decima pagata al Capitolo dagli abitanti della villa (villaggio). Ciò significa che possiamo ancora retrodatare l'esistenza dell'azienda agricola dei canonici e del villaggio all'epoca dell'istituzione del Capitolo del Duomo, verso la metà del IX secolo.Il villaggio di Grugliasco, quindi, si era sviluppato nel tempo intorno al nucleo di proprietà dei canonici torinesi, nucleo corrispondente al cuore dell'attuale abitato, accanto alla chiesa di S.Cassiano: un piccolo villaggio rurale, popolato ancora nel Trecento dagli affittuari delle terre del Capitolo e dai proprietari di una rete di piccole e piccolissime proprietà fondiarie, che solo a partire dalla fine del XV secolo si sarebbero diffuse anche in un habitat sparso. Per tutto il Medioevo e ancora per parte dell'età moderna, comunque, preminente fu la presenza fondiaria di enti e soggetti ecclesiastici: oltre al Capitolo del Duomo, il vescovo e poi arcivescovo torinese; S.Solutore, S.Domenico e S.Massimo di Torino, l'abbazia di Rivalta, il monastero di S.Benigno ed altri.

SOTTO LA GIURISDIZIONE DI TORINO
Presto inglobata nel territorio sottoposto alla giurisdizione diretta del comune di Torino, la comunità di Grugliasco si sarebbe in effetti sviluppata in un rapporto di stretta dipendenza, economica oltre che politico-istituzionale, dalla città. Avrebbe seguito le sorti di Torino per quanto concerne il limitato sviluppo di un'autonomia politica ed il precoce assoggettamento alla signoria sabauda, definitivamente sancito nel 1280 con il trattato di pace fra Tommaso III di Savoia e Guglielmo VII di Monferrato. Successivamente, Grugliasco sarebbe stata inclusa nel Principato (estintosi nel 1418) dei Savoia-Acaia, il territorio che faceva capo a Torino e che non era sottoposto al dominio diretto dei conti, poi duchi, di Savoia. Anche le forme di autogoverno della comunità si sarebbero sviluppate sotto il diretto controllo e condizionamento di Torino, per il tramite del suo vicario e del suo giudice. Altrettanto dipendente da Torino era anche l'economia grugliaschese, prevalentemente basata (ancora nell'Ottocento) sulla produzione agricola e l'allevamento: dipendente come sbocco dai mercati torinesi, e dipendente dal "monopolio" cittadino in materia di gabelle, mulini per la macinazione del grano, pedaggi. Nel 1619 il duca di Savoia Carlo Emanuele I avrebbe eretto il territorio di Grugliasco a contea e lo avrebbe infeudato alla città di Torino.

LA BEALERA MOTORE DI SVILUPPO ECONOMICO
Un ruolo centrale nello sviluppo economico della comunità ebbe comunque la creazione di un sistema di approvvigionamento idrico a scopo di irrigazione e di forza motrice: il territorio di Grugliasco non comprende infatti alcun corso d'acqua naturale, e d'altro canto le attività agricole predominanti vennero gradualmente affiancate e integrate dallo sviluppo della protoindustria tessile e poi dell'industrializzazione moderna. Fulcro di tale sistema sin dal XV secolo è stata la bealera di Grugliasco, derivata dalla Dora presso Alpignano; attraverso i territori di Rivoli e Collegno essa raggiunge l'abitato di Grugliasco all'interno del quale si divide in due bracci, uno diretto verso sud e l'altro verso est.

DALL'AGRICOLTURA ALL'INDUSTRIA
Una svolta importante nella storia della comunità rappresentò la patente del 13 febbraio 1416, con cui la comunità ottenne dal principe Ludovico di Savoia-Acaia la concessione per l'apertura del canale, nonché i diritti per la costruzione lungo il suo corso di mulini ed opifici idraulici (gualcherie, battitoi) dietro pagamento di un canone annuo. Tuttavia, i Grugliaschesi avrebbero dovuto ancora attendere un ventennio circa dopo tale concessione per poter costruire e gestire in proprio mulini da grano e non essere più costretti a ricorrere a quelli torinesi.

LA FORTIFICAZIONE DEL BORGO
La patente del 1416 faceva anche riferimento all'obbligo della comunità di provvedere alla costruzione di fortificazioni a difesa del borgo, e cioè del nucleo più antico dell'abitato: per finanziare l'opera già in precedenza a Grugliasco era stato concesso il diritto di riscuotere in proprio la gabella del grano e del vino. I Grugliaschesi comunque eseguirono quanto richesto solo sul finire degli anni venti del XV secolo. In che cosa consistevano tali fortificazioni? Il catasto del 1464 parla di un receptum , cioè un ricetto: una cinta muraria circondata all'esterno da un fossato, cinta che saldava, congiungendole, le mura stesse esterne delle case del borgo. Al ricetto si accedeva da una porta fortificata: il "Torrazzo" di cui parlano ancora i documenti della seconda metà del Cinquecento, anche se all'epoca la porta era ormai in disuso essendo già da tempo stata abbattuta la cinta muraria di difesa. Il fossato esterno, o parte dello stesso, sarebbe sopravvissuto ben più a lungo: intorno alla metà dell'Ottocento il Comune avrebbe venduto a lotti gli antichi fossi, in cui si coltivavano i gelsi per la bachicoltura.

LE TRACCE DELLA GRUGLIASCO MEDIEVALE

Pochissime sono ormai le tracce sopravvissute del Medioevo a Grugliasco: la Torre civica quattrocentesca, probabilmente eretta con funzioni di avvistamento in concomitanza alle fortificazioni; l'affresco della Madonna col Bambino in trono affiorato dalla facciata della chiesa parrocchiale di S.Cassiano; la cappella di S.Vito, anche se fortemente rimaneggiata. Il tracciato della bealera di Grugliasco, con la sua biforcazione all'interno dell'abitato nei cosiddetti "corno superiore" e "corno inferiore", ha rappresentato invece un elemento di lunga stabilità, determinando lo sviluppo stesso del tessuto urbano e la configurazione a "concentrico" del nucleo più antico, tuttora chiaramente leggibile. Interventi di copertura della bealera, con espansione dell'abitato e della rete stradale, si sono difatti verificati solo a partire dalla seconda metà dell'Ottocento. La bealera alimentava il movimento dei diversi opifici comunali (mulini, torchio da olio, sega da legno, battitore della canapa) ai quali, con lo sviluppo della protoindustria della seta a partire dalla fine del Seicento, si aggiungono numerosi opifici privati (filatoi e filande). Solo con lo sviluppo dell'industrializzazione della seconda metà dell'Ottocento gli impianti produttivi si diffondono anche lungo il tratto superiore della bealera (territorio di Collegno e area nord-occidentale del territorio di Grugliasco). Inoltre, la bealera veniva sfruttata anche per usi domestici (accanto ai pozzi comunali e privati), per abbeverare gli animali e per irrigare gli orti e giardini nel centro abitato, i beni rurali (soprattutto prati) nel territorio circostante.

LA PESTE E LA RIORGANIZZAZIONE AGRARIA
Anche Grugliasco sarebbe stata investita dalle crisi epidemiche di peste che si sarebbero succedute in particolare tra la fine del XVI secolo ed il primo trentennio del XVII secolo. Ne rimane memoria nella cappella di S.Rocco, ricostruita quasi interamente nel 1599 come voto della Comunità per la fine di una delle tante ondate di peste a seguito dell'intercessione del Santo. La peste ebbe anche l'effetto di liberare, per la morte dei proprietari, molte terre: piccole e medie proprietà che dunque vengono di nuovo immesse sul mercato. Tale fenomeno avrebbe contribuito a favorire un'altra svolta importante nella storia del territorio: la riorganizzazione agraria che coinvolse la parte orientale del territorio comunale già a partire dalla fine del Seicento, ma soprattutto tra Settecento ed Ottocento, e cioè la progressiva riduzione della piccola e media proprietà di fronte all'inquadramento delle terre coltivate a grano, segale, miglio, granoturco, e dei prati entro poche grandi proprietà che facevano capo all'insediamento disperso delle cascine.

I NUOVI PROPRIETARI, LE VILLE E LE CAPPELLE SEI-SETTECENTESCHE
Nasce così la rete delle ville e case padronali seicentesche e settecentesche, con i loro giardini e cappelle private, e le annesse cascine, che ancor oggi costellano in direzione di Torino strada Antica di Grugliasco (Il Quaglia, L'Astrua, L'Armano), strada del Gerbido (Il Palazzo, Il Villanis), strada del Portone (Il Maggiordomo, Il Ducco, La Mandina). Chi erano i nuovi proprietari, a cui si deve la costruzione a Grugliasco di ville spesso di gran pregio? Ancora una volta, si tratta di famiglie torinesi esponenti di una nobiltà legata soprattutto alla corte dei principi di Savoia-Carignano o, successivamente, di una più recente nobiltà di funzionariato, o dell'alta borghesia: i San Martino di Agliè, gli Armano di Gros, i Dellala di Beinasco. A pochi chilometri da Torino e dalla sede della Corte sabauda, queste ville rappresentavano le residenze di villeggiatura, e le annesse cascine e terre una fonte di approvvigionamento diretto, per queste famiglie.

IL SISTEMA VIARIO IMMUTATO PER SECOLI
La riorganizzazione del paesaggio rurale esterno all'abitato determinò certo dei mutamenti nel sistema viario, infittendolo. Eppure, tale sistema viario è rimasto sostanzialmente inalterato per secoli: una raggiera di strade che partivano dall'abitato, collegandolo sia al circostante tessuto rurale, sia a Torino ed i vicini centri minori (Collegno, Alpignano, Rivoli, Rivalta, Beinasco, Moncalieri). L'apertura della strada reale Torino-Rivoli nel 1712 non avrebbe in effetti toccato direttamente il territorio di Grugliasco, ed anche gli interventi di fine Ottocento avrebbero rappresentato più che altro un miglioramento di percorsi già esistenti, senza peraltro alterare lo schema plurisecolare, ancor oggi percepibile.

LA MANIFATTURA DELLA SETA: NASCITA, ESPANSIONE E DECADENZA DEI FILATOI
Parallelamente ai cambiamenti intervenuti nell'assetto della proprietà agraria e nello stesso paesaggio rurale, avrebbe iniziato la sua curva ascendente a partire dal Settecento un'altra attività importante nello sviluppo economico locale, che si sarebbe affiancata a quella agricola: la manifattura serica, che in Grugliasco si era sviluppata (già a partire dalla fine del Seicento) grazie alla sfruttabilità del corso della bealera come fonte di energia motrice, alle eccedenze di manodopera agricola soprattutto femminile, alla coltivazione del gelso. Installati entro l'abitato, e concentrati lungo il ramo superiore della bealera tra l'attuale via Cotta (l'antica Via dei Filatoi) e la strada del Gerbido, i tre filatoi censiti nel 1787 quindici anni dopo sono già diventati 5, a 10 ruote e con 2 filande, ed impiegano circa 500 lavoratori in buona parte stagionali. Tuttavia, come nel caso delle aziende rurali più grandi, delle ville e cascine sparse nel territorio, anche la manifattura serica vede un apporto locale assai limitato a fronte della forte dipendenza da Torino: filande e filatoi sono difatti nelle mani, e nascono grazie ai capitali, di banchieri torinesi quali i Gianolio, i Cotta, i Barbaroux e Tron. La manifattura serica grugliaschese sarebbe entrata in crisi, senza più riprendersi, a partire dall'ultimo ventennio dell'Ottocento, a causa di un'ondata di malattie del gelso e della guerra doganale con la Francia: a fronte dei 4 filatoi e delle 3 filande censiti nel 1859, che occupavano circa un terzo della popolazione, agli inizi del Novecento sopravvive solo una filanda.

IL NOVECENTO: LA CRISI AGRARIA E LA NUOVA INDUSTRIALIZZAZIONE
Al collasso di un'attività così importante si aggiungeva la grave crisi agraria di fine secolo, che avrebbe segnato una battuta d'arresto per un'agricoltura che incominciava faticosamente a modernizzarsi. In questi stessi anni, tuttavia, si ponevano le basi di un nuovo modello di industrializzazione, proposto sin dai primi del Novecento dalla FIAT. Già a partire dalla fine del 1800, a controbilanciare almeno in parte gli effetti della crisi, nel territorio di Grugliasco compare un nuovo genere di insediamenti produttivi, diversamente localizzati non essendovi più il vincolo della vicinanza ai corsi d'acqua. I nuovi impianti sorgono quasi tutti nella zona nord-ovest del territorio comunale, verso Rivoli e Collegno, in prossimità dell'abitato o appena entro i suoi limiti. Compaiono così nel 1871 una fabbrica di lime, sulla strada vicinale tra la cappella di S.Giacomo e la regione di S.Maria; nel 1880 uno jutificio presso la borgata Leumann; nel 1903 la Manifattura Piemontese Spazzole; nel 1908 la Società Italiana per l'Amianto. Si tratta ormai di vere e proprie fabbriche, anche se di dimensioni medie, e la loro diversificazione settoriale fra tessile, meccanica e chimica è caratteristica di questo periodo e dell'area torinese. Proprio l'area di Grugliasco e Collegno costituisce nel primo decennio del Novecento uno dei 5 poli piemontesi (con Pinerolo, Ivrea, Alessandria e Novara) della seconda fase di industrializzazione. Le nuove fabbriche, prima fra tutte lo Jutificio, assorbono la manodopera espulsa dalla manifattura della seta. L'abitato comincia ad espandersi proprio nell'area nord-ovest di insediamento delle fabbriche, come pure nella zona del Gerbido. La popolazione ricomincia a crescere, raggiungendo nel 1911 le 3400 unità circa. Si entra così in una fase di grandi trasformazioni, indotte dal coinvolgimento di Grugliasco e di tutta la cintura industriale nel processo di espansione edilizia e produttiva (grande industria automobilistica) dell'agglomerato torinese.

L'INSEDIAMENTO DELLE GRANDI FABBRICHE E L'ESPANSIONE DELL'ABITATO

L'incremento dell'attività edilizia determina, soprattutto nel corso degli anni '20 del Novecento, l'espansione di nuclei abitativi esterni al cosiddetto "concentrico": nell'area ad ovest e nord-ovest, lungo la strada verso Collegno; a nord-est ed ai confini orientali con Torino nascono due nuove borgate, rispettivamente intorno alle cascine Paradiso ed alla cascina Lesina o Lesna. La vera grande trasformazione economica e territoriale di Grugliasco prenderà però avvio nel secondo dopoguerra, a ricostruzione avvenuta. Verso la fine degli anni '50, in concomitanza al decollo del "miracolo economico", iniziano a localizzarsi a Grugliasco le grandi imprese del settore metalmeccanico e dei mezzi di trasporto: Pininfarina, Bertone, Vignale, Westinghouse, Itca, Cimat, Johannes e molte altre. Tra la metà degli anni '50 e l'inizio degli anni '70 l'intera area ovest registra con Beinasco e Nichelino il più elevato grado di crescita, come numero di stabilimenti e di addetti, di tutta la cintura torinese.

LA GRANDE IMMIGRAZIONE E L'ESPLOSIONE DEMOGRAFICA
A registrare una fortissima crescita è anche la popolazione, che dal dopoguerra agli inizi degli anni '70 si sestuplica quasi esclusivamente per effetto dei flussi di immigrazione. In parallelo, a partire dalla metà degli anni '50 la ripresa dell'attività edilizia assume ritmi frenetici: intere aree ospitano nuovi impianti industriali, i nuclei residenziali crescono "aggredendo" quasi il territorio, molte delle antiche ville e cascine cadono in stato di abbandono, ed ampi tratti delle bealere vengono coperti. Eppure, anche questi nuovi ed impetuosi sviluppi non giungono a cancellare completamente il tessuto territoriale preesistente. Il vecchio concentrico riesce a mantenere nel complesso traccia della sua fisionomia originaria; le integrazioni alla rete viaria, pur se ampie, non cancellano del tutto le antiche strade, ma in parte vi si sovrappongono; le aree comprese tra la borgata Lesna e gli ampliamenti ad est dell'abitato sono ancora caratterizzate da un paesaggio semi-rurale, in cui campi e prati formano una singolare parentesi fra i tessuti urbani.

IL RECUPERO DEL TERRITORIO ED IL FUTURO LEGATO ALL'UNIVERSITA'
Oggi Grugliasco è divenuta una cittadina di medie dimensioni, a vocazione prevalentemente industriale e commerciale, che vanta un buono sviluppo anche nel settore terziario. Sono presenti industrie ad altissima tecnologia e di rilevanza internazionale, soprattutto nel campo metalmeccanico. Da tempo è stata inoltre avviata una politica di gestione del territorio volta alla sostenibilità ambientale e sociale, che punti ad uno sviluppo compatibile con le necessità del presente, ma che nello stesso tempo non comprometta i sistemi naturale, edificato e sociale, per consentire alle generazioni future una migliore qualità della vita. Il primo impulso è stato impresso dal trasferimento in Grugliasco delle facoltà di Agraria (1999) e di Veterinaria (2000) dell'Università di Torino, frequentate da circa tremila studenti. Il futuro vedrà Grugliasco impegnata nel campo culturale ed in quello delle scienze: sono previsti difatti l'insediamento dell'intero polo universitario scientifico torinese (ad eccezione della Facoltà di Medicina ) e la realizzazione di un vasto parco urbano che arricchirà varie aree all'interno della città.

IL CENTRO
TORRE CIVICA (XV secolo) piazza S. Cassiano
Torre campanaria tardo-medievale, utilizzata a scopi civici e difensivi e solo successivamente religiosi (come campanile della vicina chiesa parrocchiale di S.Cassiano) , cui era annessa la prima casa comunale. Nel '700 ospitò anche un telegrafo.
Visite guidate alla Torre per informazioni:
tel. 011/4013322-4013326
CHIESA DI S. CASSIANO (XI secolo) piazza S. Cassiano
Attestata per la prima volta in un documento del 1047, la Parrocchiale di S. Cassiano deve il suo aspetto attuale al rifacimento tardo-barocco eseguito nell'ultimo ventennio del 1700 su progetto dell'architetto Mario Ludovico Quarini, figura di spicco nell'architettura piemontese dell'epoca, mentre la facciata classicheggiante venne realizzata nel 1880 su progetto dell'ingegnere G.B. Ferrante. Tracce dell'aspetto più antico della chiesa sono ancora leggibili sulla facciata: una lunetta affrescata, raffigurante la Madonna in trono con il Bambino ed angeli, sicuramente quattrocentesca, posta sotto quello che doveva essere l'antico arco di chiusura della porta della chiesa. Di notevole importanza sono anche il crocefisso ligneo del XVI secolo ed i dipinti seicenteschi e settecenteschi conservati nell'interno.

CAPPELLA DELLA CONFRATERNITA DI S.CROCE
(fine XVI secolo) via Giustetti angolo via Cravero
Costruita nell'ultimo trentennio circa del XVI secolo come Oratorio dei Disciplinati di S. Croce, una Confraternita penitenziale riconosciuta ed autorizzata ufficialmente nel 1590, l' attuale cappella barocca, a navata semplice e con portico antistante, è in realtà l'esito di un rifacimento totale realizzato in più fasi tra il 1767 ed il 1780 su progetto dell'ingegnere Giovanni Battista Ravelli. All'interno è ancora conservata, nel coro, la Pala della Confraternita, un pregevole dipinto eseguito nel 1821 dal pittore piemontese Giovanni Comandù. La cappella è oggi utilizzata per ospitare mostre, concerti ed altre manifestazioni culturali.

VILLA AUDIFREDI DI MORTIGLIENGO - EX CONVENTO DEI FRATI MARISTI
(seconda metà XVII secolo - inizi XX secolo) piazza Matteotti - via Cotta
La villa, che ora si affaccia sul giardino pubblico attiguo a piazza Matteotti, venne fatta costruire nella seconda metà del XVII secolo come residenza di villeggiatura dall'architetto Antonio Maurizio Valperga. Già dagli inizi del secolo successivo, ad opera del banchiere torinese Giuseppe Antonio Colomba e poi del Conte Giacomo Audifredi di Mortigliengo, la proprietà si sarebbe ampliata con la costruzione di una filanda e di un filatoio da seta lungo la bealera che passava per l'attuale via Cotta. Agli inizi dell'Ottocento il complesso manifatturiero, passato nelle mani del banchiere Giovanni Battista Barbaroux, era uno dei più grandi del Piemonte.
Nel 1903, cessata ormai l'attività di filatura, l'intera proprietà venne acquistata dalla congregazione religiosa dei Piccoli Fratelli Maristi, che la trasformarono in un convento con annessi laboratori, giardini, orti. Attualmente l'ex convento e la villa sono di proprietà comunale ed è sede del Centro Polifunzionale per anziani "Villa Audifredi". La cappella neo-gotica del convento è inoltre stata ristrutturata per ospitare il Piccolo Teatro Perempruner.

CAPPELLA DI S.VITO
(seconda metà XV secolo) piazza Don Cocco
La piccola cappella, con volta a crociera ed un tempo corredata da un portico antistante l'ingresso, venne costruita probabilmente nella seconda metà del Quattrocento: a tale periodo difatti risale il pregevole affresco recentemente riaffiorato sulla facciata, ed in corso di restauro, che ritrae il Cristo in trono.

CAPPELLA DI S. ROCCO
( fine XV secolo ) viale A. Gramsci
Tra le più antiche di Grugliasco, la cappella campestre di S.Rocco, appartenente al Comune, è già attestabile come esistente nel 1500. Nel 1599, come voto per la liberazione dall'ultima epidemia di peste e dopo il solenne trasporto da Torino a Grugliasco di una statua lignea raffigurante S.Rocco, la cappella venne presumibilmente ristrutturata a spese della Comunità. Le descrizioni successive fanno pensare che, nonostante le modifiche apportate soprattutto nel corso del Settecento, la cappella non abbia variato di molto il suo aspetto. La statua di S. Rocco è posta in una nicchia della parete retrostante l'altare, ed è chiusa in una teca di vetro.
In occasione della festività di S.Rocco, il 16 agosto, si svolgeva una processione guidata dai confratelli di S.Croce, con il trasporto della statua di S.Rocco e la benedizione del pane portato da fanciulle danzanti al suono di strumenti musicali. Il 31 gennaio si celebrava invece una messa cantata in ricordo della protezione concessa dal santo durante la peste (ed in specifico in ricordo del 31 gennaio 1599, quando la statua del Santo venne portata a Grugliasco). L'aspetto attuale della cappella è il frutto della ristrutturazione eseguita tra il 1826 ed il 1828 su progetto dell'architetto Ignazio Michela.

VILLE E CASCINE
VILLA CLARETTA ASSANDRI
(seconda metà XVII secolo) via La Salle
Il complesso della proprietà Claretta-Assandri è costituito da una villa, dall'attiguo ed ampio giardino entrambi cintati e da un rustico. Il nucleo più antico della villa può essere fatto risalire alla metà del XVII secolo; particolarmente ricche sono le decorazioni seicentesche e settecentesche del salone e delle stanze al piano terreno, con soffitti a cassettoni dipinti, decorazioni in cui si alternano scene mitologiche ed allegoriche, prospettive architettoniche e paesaggistiche a trompe-l'oeil.

Proprietaria della villa intorno alla metà del 1600 è la famiglia Ferreri, cui apparteneva quel Carlo Bernardino Ferreri, segretario ordinario di corte, che nel 1643 aveva ricevuto in feudo da Cristina di Francia, duchessa di Savoia e tutrice di Carlo Emanuele II, i fossi, terrapieni e rivellini circondanti il borgo di Grugliasco. Alla fine del secolo gli eredi di Carlo Bernardino cedettero la proprietà, già notevolmente ampliata, a Francesco Antonio Allemandi, governatore dei palazzi reali ed aiutante di camera di Madama la duchessa reale; già nel 1718, però, subentrò il conte e cavaliere della Gran Croce don Giuseppe Provana di Pralungo, gentiluomo di camera e primo segretario di Guerra del re, che amplierà ed abbellirà ulteriormente la villa, il rustico ed il giardino.

Qualche anno dopo suo fratello, l'abate don Giovanni Tommaso Provana, nel proprio testamento avrebbe istituito una cappellania laicale sull'antica chiesa di S.Sebastiano, adiacente alla proprietà, che si sarebbe così ornata con lo stemma dei Provana. Poco dopo la metà dell'Ottocento la proprietà venne acquistata all'asta da Camillo Spanna, membro di un'influente famiglia grugliaschese, che si sarebbe legato tramite matrimonio alla famiglia dei conti Claretta-Assandri, da cui il nome rimasto alla villa.

VILLA BORIGLIONE - "LE SERRE"
(inizi XVIII secolo) via T. Lanza
La settecentesca Villa Boriglione sorge in un parco di circa 35.000 mq., con alberi secolari ed esotici. Singolare è la storia di questa "residenza di villeggiatura" e del suo parco: nel 1913 l'intera proprietà venne infatti acquistata da Alfredo Gandolfi, fondatore (insieme ad Alberto Stevani ed al produttore americano George Kleine) della casa di produzione cinematografica "Photodrama Producing Company".

Nel parco vennero costruiti teatri di posa (tra cui uno, molto grande, in metallo e vetro) e laboratori, magazzini per costumi, arredamenti, scenografie, attrezzature per lo sviluppo della pellicola, uno chalet svizzero per le scene alpine ed un altro chalet in stile tedesco, ed un "giardino d'inverno".
Dopo il declino delle attività della Photodrama, nel 1927 la proprietà venne acquistata dalla Città di Torino, che vi installò la scuola per giardinieri "G.Ratti" e le serre comunali, da cui il nome con cui viene solitamente indicata la villa. Nel 1985 l'intero complesso venne ceduto in comodato d'uso al Comune di Grugliasco. Dal 2000 "Le Serre" sono divenute sede di un parco culturale multidisciplinare, destinato ad ospitare mostre, eventi, rassegne e laboratori dedicati alle arti figurative, al cinema, al teatro ed alla musica.

VILLA GAY DI QUARTI
(fine XVII secolo) via Lupo, 87
Fatta costruire sul finire del XVII secolo dal conte Pastoris di Saluggia, la villa era inserita in un grande parco attraversato, oltre che dalla bealera e da canali, da viali e stradoni, ed ornato da boschetti, alberi da frutto, da un giardino inglese con prati ed aiuole, da vivai e serre invernali, nonché da un lago. Acquistata intorno alla metà dell'Ottocento dal conte Giuseppe Gay di Quarti, l'intera proprietà sarebbe stata ceduta tra il 1979 ed il 1980 al Comune di Grugliasco, che avrebbe trasformato gran parte del parco originario negli attuali giardini dell'area centrale.

VILLA "IL PALAZZO"
(seconda metà XVII secolo) via Moncalieri, 6 - Gerbido
La bella villa barocca, perfettamente conservata, con giardino e cortile d'onore ed annessa cascina, venne fatta costruire (sulla base di un nucleo più antico) intorno alla metà del Settecento dal conte Carlo Emanuele di S. Martino, marchese d'Agliè. Caratterizzata da un corpo centrale su ali arretrate, ospitante un salone a due piani, e dalla facciata principale decorata con colonnati ed archi, la villa è cintata da un muro sormontato, in corrispondenza del cancello d'accesso al cortile d'onore, da vasi in terracotta di Castellamonte a forma di fiaccola. Gli interni sono arricchiti da stucchi che spesso inquadrano, come motivo ornamentale, il monogramma dei S.Martino d'Agliè.

VILLA CERESOLE - CASCINA VILLANIS
(fine XVII secolo) strada del Gerbido, 36
Quasi di fronte alla villa "Il Palazzo" sorgono la casa padronale con giardino e cappella e l'annessa cascina settecentesche del Villanis, che prendono il nome dalla famiglia di ricchi commercianti torinesi che acquistò la proprietà nel 1710. Notevole è la cappella, d'ispirazione juvarriana e decorata dall'abate architetto Francesco Antonio Pelleri; dalla cascina parte un suggestivo viale d'antichi olmi, tradizionalmente chiamato "La Lea". Dagli ultimi anni dell'Ottocento villa e cascina sono proprietà della famiglia Ceresole, da cui il nuovo nome dato alla casa padronale.
IL DUCCO (seconda metà XVII secolo) strada del Portone, 197 reliquia di S. Antero
La proprietà, costituita da una casa padronale con colombaie a torretta, da annessi giardino e cappella e da una cascina, prende il nome dalla famiglia dei conti Ducco o Duchi, di antica origine astigiana, legata alla corte dei principi di Carignano, che ne fecero la propria residenza estiva dall'ultimo decennio del Seicento sino al 1740. Tuttavia, l'aspetto della casa padronale e l'erezione della cappella si devono al proprietario successivo, il conte Carlo Giacinto Buglione di Monale, canonico e vicario generale dell'arcidiocesi di Torino. Particolarmente interessante è la cappella, fatta ristrutturare dal barone Gaudenzio Claretta proprietario del Ducco nell'ultimo quarto del XIX sec. : al suo interno vi è una lapide che ricorda la traslazione da Roma a Giaveno nel 1611, ad opera di Vincenzo Claretta dell'Ordine dei Gerosolimitani, delle reliquie di S. Antero, papa e martire, che sarebbe divenuto patrono della famiglia Claretta. La lapide celebra appunto la donazione da parte dei canonici di Giaveno ai Claretta nel 1869 delle suddette reliquie. Sopra la lapide, in effetti, poggiato su di una mensola vi è un reliquiario ligneo policromo, probabilmente seicentesco, rappresentante il busto del papa. I Claretta, che acquistarono il Ducco intorno alla metà dell'Ottocento ed il cui stemma è ancora visibile scolpito nel cortile interno della cascina, erano un' antica famiglia signorile originaria di Giaveno che però ottenne titoli nobiliari solo nel XIX secolo. Il ramo baronale proprietario del Ducco si è estinto; sopravvissuto è invece il ramo comitale (vedi Villa Claretta-Assandri). Oggi il Ducco è sede di un complesso agrituristico.

LA MANDINA (fine XVII secolo) via Unità d'Italia angolo via S.Paolo
Il complesso è costituito da una casa padronale, da un'annessa ampia cascina e, separata da una stradina campestre, da una cappella che, per quanto rovinata, mostra ancora tutta la sua eleganza barocca, d'ispirazione guariniana. La proprietà conserva il nome di quel Giovanni Pietro Mandina, mercante e fornitore del Regio Esercito, che l'acquistò nel 1741 e l'ampliò notevolmente negli anni successivi, facendo inoltre erigere la cappella. Tuttavia l'aspetto quasi monastico della casa padronale si deve probabilmente ai canonici del Capitolo di S.Giovanni di Torino, che acquistarono la Mandina nel 1765. Successivamente alla requisizione da parte del governo rivoluzionario francese, al pari di tutti gli altri beni ecclesiastici, la Mandina venne rilevata da una nota famiglia torinese di banchieri, i Nigra, che la tennero sino agli inizi del Novecento.

IL MAGGIORDOMO (prima metà XVII secolo) via S.Paolo, 5
La seicentesca villa è certamente la più illustre e conosciuta tra quelle presenti nel territorio di Grugliasco: bell'esempio di barocco piemontese, con un corpo centrale a due piani di pianta ellittica e due ali laterali settecentesche, era completata da un ampio giardino con viale d'accesso di lecci e pioppi, oltre che da una cappella e dall'attigua cascina, ancora esistenti.
La villa prende il nome dalla carica di "maggiordomo"ricoperta intorno alla metà del Seicento presso la corte del principe Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano dal gentiluomo Valeriano Napione, la cui famiglia era proprietaria già da decenni della cascina e di una annessa casa civile. Ed è proprio a Valeriano che si deve la costruzione della villa, presumibilmente tra il 1675 ed il 1683. Il progetto da alcuni studiosi è attribuito al Guarini, che negli stessi anni stava realizzando a Torino, proprio per il principe Emanuele Filiberto, Palazzo Carignano, con cui la villa presenta in effetti forti similitudini. Più verosimilmente, esso è dovuto ad uno dei collaboratori del Guarini impegnati nel cantiere di Palazzo Carignano, come l'architetto Giovanni Francesco Baroncelli, di cui oltretutto è documentata la presenza negli stessi anni a Grugliasco per una perizia tecnica ed al cui figlio fece da padrino di battesimo proprio Valeriano Napione. Nei primi anni del Settecento la proprietà sarebbe passata in eredità ai conti Dellala di Beinasco, anch'essi tradizionalmente legati alla corte dei principi di Savoia-Carignano. Alla metà del secolo risalgono le ristrutturazioni della villa e della cascina e l'aggiunta alla villa stessa delle due ali laterali volute , e direttamente progettate, da Francesco Valeriano Dellala di Beinasco, architetto cui si devono molti celebri palazzi torinesi.

IL QUAGLIA (fine XVII secolo) strada Antica di Grugliasco
La villa, con annesse cascina e cappella, cui un tempo si aggiungevano anche due giardini, conserva ancora il nome dei suoi primi proprietari attestati alla fine del Seicento, i Quaglia, esponenti di una nota famiglia borghese torinese, le cui armi figurano scolpite nel torinese Palazzo degli Stemmi. Dall'ultimo ventennio circa del Settecento sino al primo dell'Ottocento fu proprietario del Quaglia Filippo Colla, gioielliere di corte; successivamente, e per quasi un secolo, il complesso sarebbe appartenuto alla famiglia dei conti Gautier di Confiengo.
Nonostante le tante modifiche succedutesi nel tempo, rimangono ancora tracce dell'assetto originario all'interno della villa nel portico, nella galleria superiore e nello scalone; la cascina venne ristrutturata nell'Ottocento, con aggiunta di una torretta a merli. Rimane anche traccia di quello che era lo stradone principale d'accesso (ormai ridotto ad una stradina) nell'arco prospiciente strada della Pronda. La piccola cappella barocca con portico antistante, intitolata alla SS. Annunziata, è ormai in rovina, ma se ne può ancora notare l'eleganza delle proporzioni.
L'ARMANO (inizi XVIII secolo) strada Antica di Grugliasco
Si affaccia su strada Antica di Grugliasco la grande cinta muraria della villa settecentesca, con cascina e cappella, dell'Armano, che segna l'area di quello che un tempo era il giardino. Particolare è l'architettura della villa, a due piani, la cui facciata asimmetrica è per metà a portico con sovrastante galleria, per metà a pieno corpo. La cappella, a pianta ellittica ed ornata di stucchi, è incorporata nella villa ma ha il fronte, coronato da un piccolo timpano, sul retro della casa, e cioè sulla strada. Il complesso prende il nome dalla famiglia degli Armano, conti di Grosso e Villanova di Mathi, che nel 1700 acquistarono un primo nucleo di edifici rustici, campi e prati e nel corso del secolo ne fecero una delle proprietà più estese del territorio di Grugliasco. Francesco Ignazio Armano fu maggiordomo di corte di Carlo Emanuele III e sovrintendente della Real Casa, nonché mecenate di artisti quali il Piffetti ed il Beaumont.

LA GRU IL SIMBOLO ARALDICO
Con Decreto del Presidente della Repubblica del 3 luglio 1962 al Comune di Grugliasco venivano concessi (e dunque riconosciuti ufficialmente) lo stemma ed il gonfalone, così descritti:
"STEMMA: di rosso alla gru d'argento sostenuta da un monte di verde, tenente nella zampa destra la vigilanza d'argento. Ornamenti esteriori da Comune con la corona cimata da altra gru dal volo spiegato.
GONFALONE: drappo di colore bianco, riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello stemma sopra descritto con la iscrizione centrata in argento: Comune di Grugliasco. Le parti di metallo ed i cordoni saranno argentati. L'asta verticale sarà ricoperta di velluto del colore del drappo con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta e nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d'argento."
La documentazione storica necessaria ad ottenere il riconoscimento dello stemma era stata rintracciata presso l'Archivio di Stato di Torino, in cui è conservato un "Registro delle Insegne et Arme Gentilizie presentate dai Particolari di questa Città e di altri luoghi in virtù dell'ordine pubblicato da S.A. Serenissima li 4 Dicembre 1613". Il registro risulta inserito in un volume manoscritto, intitolato "Discorsi sopra le famiglie nobili del Piemonte di Monsignor Agostino della Chiesa ". Nel registro dunque viene descritto lo stemma della Comunità di Grugliasco, così com'era all'atto del suo deposito effettuato a seguito dell'ordine del duca di Savoia Carlo Emanuele I emanato nel 1613:
"[...] Una Grue d'argento posata sopra un monte verde, in campo rosso e sopra lo scudo altra Grue volante pur d'argento".
Per il gonfalone, o stendardo, non vi sono specifiche attestazioni documentarie storiche, ma le norme araldiche tuttora vigenti ne stabiliscono forma e colori, in conformità allo stemma: il bianco corrisponde, nel linguaggio araldico, all'argento, per cui anche la gru dello stemma si ritrova in realtà rappresentata indifferentemente nell'uno o nell'altro colore.
Perché la gru? Sicuramente venne scelta dalla Comunità di Grugliasco, in rappresentazione figurata del suo stesso nome, tra gli animali tradizionalmente usati in araldica. E negli stemmi essa compare sempre con la zampa destra sollevata, nell'atto di tenere un sasso (la cosiddetta "vigilanza"): nel caso la gru si addormentasse, il rumore del sasso che cade la sveglierebbe subito, riportandola ai suoi compiti simbolici di guardia contro eventuali pericoli.

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